Lo scorso 2 agosto, le Las Vegas Aces incassavano un pesantissimo 58-111 in casa contro le Minnesota Lynx, squadra con il miglior record della lega e favorita per il titolo. Con quella sconfitta, la squadra di Becky Hammon arrivò ad avere un record di 14-14, in piena bagarre per una posizione ai playoff. Da quel momento in avanti sono arrivate sedici vittorie consecutive per concludere la regular season, e poco più di due mesi più tardi le Las Vegas Aces sono campionesse WNBA 2025.
Un cambio di direzione con pochissimi precedenti nella storia dello sport americano, che culmina con uno sweep alle Finals ai danni delle Phoenix Mercury. Senza Satou Sabally, entrata in concussion protocol dopo il colpo subito nel finale di gara 3, la squadra dell’Arizona non è riuscita a far valere il fattore campo nemmeno in gara 4, che ha avuto un andamento simile alla precedente. Dopo essere arrivate anche a -20 a inizio terzo quarto, le Mercury hanno rincorso a lungo e recuperato fino al 72-78 nel quarto periodo, ma non sono riuscite a completare la rimonta. Il punteggio finale dice 97-86, nonostante i 30 punti di Kahleah Copper e la tripla doppia da 17 punti, 12 rimbalzi e 10 assist di Alyssa Thomas.
Nonostante il 4-0, la stagione delle Mercury merita comunque degli elogi, prima di passare alla celebrazione delle vincitrici. Il GM Nick U’Ren e il capo allenatore Nate Tibbetts hanno costruito nello spazio di una free agency una squadra molto competitiva, circondando tre superstar (di cui due al primo anno in squadra) con le giuste giocatrici di rotazione, scegliendo molto bene anche fuori dai radar convenzionali per la WNBA. Kathryn Westbeld (qualcuno la ricorderà a Moncalieri), Alexa Held (ex Venezia) e Monique Akoa-Makani sono state scelte per le prestazioni in Eurocup, e si sono ritagliate uno spazio in rotazione nel loro anno da rookie undrafted. In particolare, la ventiquattrenne del Camerun è stata la point guard titolare per larga parte della stagione, chiudendo i playoff a 7 punti e 3 assist di media in 25 minuti, dando moltissimo a livello difensivo. Un lavoro di scouting e di gestione del roster che non è stato sufficiente per arrivare fino in fondo, pur avendo eliminato nei turni precedenti le finaliste della scorsa stagione, New York Liberty e Minnesota Lynx.
Una filosofia diametralmente opposta a quella di Las Vegas, che ha vinto ancora grazie alle sue veterane. Già negli episodi precedenti della serie c’è stato modo di parlare ampiamente di Chelsea Gray e di Jackie Young, ma anche dell’impatto dalla panchina di Dana Evans e Jewell Loyd, che nella serie finale hanno tirato rispettivamente con l’83% (10/12) e il 46% da tre punti. La copertina però non può che essere per la migliore giocatrice del mondo, che conclude con 31 punti e 9 rimbalzi un’altra stagione che si potrebbe definire irripetibile se non si ripetesse anno dopo anno. A’ja Wilson diventa la prima giocatrice a vincere MVP, DPOY (ex aequo con Alanna Smith) e Finals MVP in una singola stagione nella storia della WNBA, mentre nella MNBA ci era riuscito solamente Hakeem Olajuwon nel 1994. Ogni aggettivo è superfluo, il palmares parla da solo.
La storia vincente delle Aces prosegue quando ormai sembrava sul punto di finire, o quantomeno di rimanere un passo indietro rispetto a squadre in ascesa come New York o Minnesota. Il terzo titolo in quattro anni mette la franchigia del Nevada a livello delle più grandi dinastie della storia: solamente le Houston Comets erano riuscite a vincere di più nello stesso lasso tempo, con quattro titoli consecutivi dal 1997 al 2000. In un ipotetico Mount Rushmore ci sono anche le Minnesota Lynx di Maya Moore, Lindsay Whalen e Seimone Augustus, quattro titoli e sei finali in sette anni tra il 2011 e il 2017, e le Detroit Shock (oggi Dallas Wings) da tre anelli e quattro finali tra il 2003 e il 2008. In questa conversazione affollata di leggende c’è sempre più spazio per le Las Vegas Aces di Chelsea Gray, Jackie Young e di A’ja Wilson, che sta scalando posizioni nella classifica delle più grandi di sempre.
(Foto in evidenza: WNBA)