La notte di Phoenix ha scritto una pagina memorabile: i Mercury, sul proprio parquet, hanno ribaltato un copione che sembrava scritto a favore della testa di serie numero 1, i Minnesota Lynx, vincendo 86-81 e conquistando la qualificazione al primo turno di finale dal 2021
Minnesota si è presentata all’appuntamento decisivo già priva del proprio head coach Cheryl Reeve (squalificato dopo una pesante querelle con gli arbitri in gara 3) e senza Napheesa Collier, infortunata e assente per la serie finale. Queste assenze hanno tolto ai Lynx elementi di leadership e peso sul parquet, che si sono fatti sentire nel momento clou, Phoenix dal canto suo ha sfruttato ogni occasione che le Lynx hanno lasciato.
Non è stata una gara spettacolare in avvio, con un inizio deficitario ma la loro resilienza e capacità di restare in partita hanno fatto le differenza: dopo tre quarti in cui Minnesota era avanti di 13 punti (68-55), Phoenix ha messo in scena un quarto finale da manuale con un 31-13 di parziale propiziato dalle bombe da tre di DeWanna Bonner sganciate al momento giusto (due triple chiave, una di rimonta, una per il +4 finale)
Alyssa Thomas ha fatto la differenza con 23 punti e 10 assist e ha orchestrato le giocate cruciali nel finale, Sami Whitcomb ha messo la tripla che ha ricucito lo svantaggio quando il tempo si assottigliava (70-69 con 4:46), e Bonner ha aiutato la squadra con giocate decisive nel momento del bisogno.
Minnesota, dal canto suo, è caduta sotto i propri limiti: nonostante la gran prestazione di Kayla McBride (6 triple, buona dose di punti nel secondo tempo) non ha trovato un modo per reagire al fuoco degli avversari, tanto che l’assenza del coach ma soprattutto di Collier si sono fatti sentire nei momenti cruciali.
Questa vittoria vale assai più di un accesso alla Finale: è una dichiarazione di forza per Phoenix perché hanno dimostrato di avere nervi saldi e capacità di rimonta, qualità imprescindibili in una squadra che punta al titolo. Il fatto che l’abbiano fatto senza essere favoriti, contro una rivale dal record migliore, eleva il merito.
Dall’altro lato, Minnesota deve fare una riflessione: una stagione che sembrava promettente si chiude con una resa in due gare consecutive, anche se con l’alibi dell’assenza di Collier. La squadra è forte, ma quando mancano quei tasselli di esperienza e leadership, anche il talento puro può non bastare.
Se Phoenix ha vissuto una notte trionfale, Indiana invece ha conosciuto un dramma doloroso. La serie si è decisa in Gara 5 all’overtime, con le Las Vegas Aces che hanno avuto la meglio 107-98.
Fin dal primo quarto si capiva che non sarebbe stato facile per nessuno. Il match ha visto ben 13 cambi di vantaggio e 14 pareggi nei primi 20 minuti, una battaglia punto a punto. A metà partita il destino ha accennato un movimento infausto: Aliyah Boston ha commesso la quinta fallo, costringendo le Aces a riorganizzarsi, mentre Kelsey Mitchell (stella delle Fever) è caduta vittima di crampi (o forse un infortunio legato alla stanchezza) a metà del terzo quarto, costretta a uscire dall’arena. Prima di uscire, Mitchell aveva messo 15 punti ed era infallibile da 3 punti in quella parte di gara.
Questa doppia battuta d’arresto ha dato la spinta decisiva a Las Vegas, che ha preso un margine di 8 lunghezze all’inizio del quarto periodo. Indiana però non si è arresa: con Odyssey Sims che ha forzato il recupero e ha pareggiato due volte nel finale, la squadra ha portato la battaglia al supplementare
In overtime, le Aces hanno mostrato la loro profondità e la loro fame: Jackie Young, A’ja Wilson, e soprattutto Chelsea Gray sono salite in cattedra. Gray insieme con Loyd ha segnato i primi 13 punti del supplementare (più di quanti ne ha fatti Indiana in tutto l’overtime) per chiudere la contesa. Le Aces, quindi, hanno dominato nelle battute finali, facendo pesare il vantaggio di profondità e freschezza.
Il colpo fisico a Kelsey Mitchell è stato un simbolo della lotta di Indiana, con la squadra che aveva già una rotazione ridottissima a causa di infortuni e assenze, fra cui ovviamente la stella Caitlin Clark. Privata della sua principale realizzatrice, la squadra ha dovuto lottare su ogni pallone cambiando ovviamente stile di gioco e quando Mitchell ha dovuto uscire, la resa tecnica è stata schiacciante: mettere insieme energie, coordinazione, lucidità in quel momento decisivo è diventata un impresa improba, troppo grande anche per il cuore e l’orgoglio delle Fever
Nonostante la sconfitta, Indiana esce a testa alta: ha forzato il quinto incontro nonostante tutto, ha lottato fino all’overtime con le poche risorse residue, e si è meritata il rispetto di tutti
Per Las Vegas, è l’ennesima dimostrazione di continuità ad alto livello perché le Aces tornano in Finale per la terza volta nelle ultime quattro stagioni grazie al collettivo ma anche alle stelle che nei momenti cruciali non tremano (Wilson, Young, Gray). Il loro potenziale è altissimo, ma la strada per il titolo ovviamente non è ancora conclusa
Se a inizio stagione qualcuno avesse pronosticato una finale senza Minnesota né New York, pochi ci avrebbero creduto. Eppure eccoci qui con una finale Phoenix Mercury vs Las Vegas Aces, una serie che mette di fronte due percorsi opposti ma convergenti.
Per chi le conoscesse meno, una panoramica delel caratteristiche delle due contendenti
Phoenix Mercury: squadra di resistenza, costruita sull’esperienza delle veterane (Bonner, Thomas) e sulla capacità di ribaltare situazioni impossibili. La loro semifinale vinta contro Minnesota, con una rimonta da -13 nell’ultimo quarto, è la fotografia perfetta della loro stagione: resilienza, coesione e sangue freddo. Phoenix non brilla sempre per continuità offensiva, ma ha un’identità chiara: difesa aggressiva, rimbalzi sporchi e freddezza nei momenti caldi
Las Vegas Aces: il talento allo stato puro. Wilson, Young, Gray: tre superstar che si spartiscono responsabilità e leadership. Le Aces hanno rischiato grosso con Indiana, costrette a un overtime in Gara 5, ma la differenza l’ha fatta la profondità del roster. Quando il margine si assottiglia, le Aces trovano sempre un fuoco d’artificio dal perimetro o un gioco in post di Wilson. Sono, ancora una volta, la squadra più completa della lega.
Di seguito i duelli che potrebbero decidere la serie
A’ja Wilson vs Alyssa Thomas
Probabilmente il confronto decisivo. Wilson è l’MVP annunciato, capace di segnare e dominare a rimbalzo. Thomas, invece, è l’anima di Phoenix: non ha la stessa eleganza offensiva, ma legge il gioco come poche e trasforma ogni possesso in un’occasione. È una sfida tra potenza e intelligenza cestistica.
Jackie Young & Chelsea Gray vs Sami Whitcomb & le altre esterne Mercury
Qui Las Vegas parte con un vantaggio evidente: Young e Gray hanno esperienza e talento offensivo superiore. Ma Phoenix ha dimostrato di sapersi adattare: Whitcomb è la mina vagante che, con le sue triple pesanti, può cambiare inerzia a una partita.
Profondità della panchina
È il vero punto interrogativo: Phoenix non può permettersi blackout di rotazione, mentre Las Vegas ha più soluzioni. Se le Aces riescono a imporre ritmo e a far correre la palla, la differenza di energia può diventare letale.
Le possibili chiavi della serie
Phoenix deve sporcare la partita: tenere basse le percentuali, forzare Las Vegas in una gara di muscoli e nervi più che di talento.
Las Vegas deve accelerare: più ritmo, più possessi, più tiri da tre. Se la serie diventa una battaglia di punteggi alti, le Aces hanno troppi punti nelle mani.
Il fattore psicologico: Phoenix arriva sulle ali di una rimonta memorabile, mentre Las Vegas ha dovuto sudare fino all’ultimo. Potrebbe sembrare un vantaggio per i Mercury, ma la pressione di una terza finale in quattro anni pesa sulle Aces: non possono permettersi di fallire.
Livio Colombo